Tar

Anche il TAR interviene nella vicenda Dal Molin. L’ANPI di Malo risponde al grido dello storico comandante della Brigata Ismene Ferruccio Manea, detto il Tar, innalzando il coro "Ora e sempre resistenza".

(nella foto: la sezione del Tar che ha rilevato numerose irregolarità negli atti relativi alla vicenda Dal Molin)

 

3 commenti

  1. La resistenza è una necessità ineluttabile che nessun riferimento all’io può eludere. Il resistente per ‘logica’ ubbidisce ad un assioma ad una ingiunzione che egli formula nel proprio nome e su cui dispiega la prima conseguenza senza aspettare nulla dagli altri in termini di gruppo oggettivo
    Ogni resistenza è una rottura con ciò che è ed ogni rottura comincia con una rottura con se stessi.
    Quelli che non resistevano erano semplicemente quelli che non volevano dire la situazione neanche a se stessi ; non è esagerato dire che essi non pensavano , non pensavano cioè secondo il reale della situazione del momento e negavano che quel reale fosse, per loro, portatore di una possibilità, come il reale è sempre quando il pensiero “ce ne fa rapporto”(Lazarus S.)
    Non resistere è non pensare; non pensare è non rischiare di rischiare. Quando il pensiero apre ai possibili, di rischi ce ne sono sempre

    TESTAMENTO IDEALE DEL TAR

    TAR
    “Ogni qualtanto ripasso per quei sentieri impraticabili del pasubio, per quei boschi per certi crinali e abissi per i boschi infiniti di secolari pini i quali potrebbero descrivere la nostra epopea la nostra speranza di un mondo migliore…ma loro sono rimasti là, silenziosi spettatori di drammi eroici della storia partigiana. Molti segni del nostro passaggio sono scomparsi, ma qua, là, a ridosso di qualche roccia o di qualche crocevia o di qualche muretto molto spesso si trovano delle lapidi senza nome che non dicono altro al passante che lì giace un combattente per la libertà perché ormai le parole sono scomparse dal tempo. Quanta amarezza! Quelle lapidi o due rami incrociati senza nome non dicono niente… ma come è morto questo partigiano? Per malattia? Per stanchezza per fame? Oppure è un innocente ucciso per rappresaglia? Il passante che non ha vissuto quegli avvenimenti non può rendersi conto di ciò che è avvenuto perché al di sopra delle umane possibilità, mentre invece è una cruda realtà vissuta”.

    TAR AUTORITRATTO
    “Sono nato in via cantarane nel 1914; mio padre giuseppe si era sposato due volte e io nacqui da seconde nozze come i miei fratelli ismene, giuseppe, libia, gilberto, antonio e fedora mentre dal primo matrimonio erano nati domenico, maria, luigia, ina, gaetano. Una famiglia come si vede molto numerosa che dava un bel da fare a mia madre, teresa galvan. Mio padre dapprima gestiva l’albergo “cavallino bianco” in via barbé ed in un secondo tempo sbarcò il lunario con l’attività di mediatore. A casa nostra la situazione economica non fu mai florida ma i tempi della miseria nera giunsero quando mio padre, ammalatosi di cuore, ridusse al minimo il suo lavoro e di conseguenza a stento riusciva a racimolare di che sfamarci. Nel ’25 rimanemmo al verde proprio del tutto e fummo sfrattati di casa. Le autorità ci misero sulla strada i nostri quattro stracci e ci rifilarono in una angusta catapecchia nei pressi dell’acquedotto di priabona. Faceva freddo e nevicava, mia sorella fedora era appena nata, ma nonostante tutto lo sfratto fu irrevocabile. Vendemmo buona parte delle nostre masserizie e riuscimmo ad avere in affitto un’altra casa sempre in via cantarane. Il mio spirito ribelle cominciò in quella occasione ad essere alimentato da una profonda sete di giustizia. Qualche anno dopo mia sorella fedora si ammalò e si temette che perdesse la vista. Chiedemmo assistenza al comune ma non ottenemmo alcunchè perchè, ci fu risposto, le medicine che sarebbero occorse costavano troppi soldi. Una sera rincasando trovai mia madre in lacrime perchè le condizioni di fedora andavano peggiorando ed oltre alle medicine mancava anche il cibo. Lavoro non se ne trovava ed essendo drammatica la situazione io, pur essendo ancora ragazzo, imbracciai un vecchio fucile e feci fuoco su dei polli. Nessuno s’accorse ma mio padre sì e mi rimproverò severamente.

    LETTORE
    Cognome e nome MANEA FERRUCCIO
    Figlio di FU GIUSEPPE e di GALVAN TERESA nato a MALO il 30/8/1914
    Stato di famiglia CONIUGATO SERGENTE MAGGIORE
    Professione o mestiere TESSITORE
    Residente a MALO provincia VICENZA
    Attività clandestina svolta dal Titolare
    Luogo e reparto presso cui era l’8 settembre 1943
    IN CARCERE E FUGGITO IL 12 SETTEMBRE
    Formazione partigiana cui appartiene BRIGATA ISMENE BRIGATA D’ASSALTO GARIBALDI MARTIRI DELLA VAL LEOGRA
    Grado cognome e nome del comandante l’unità
    COMANDANTE BATTAGLIONE ISMENE : MANEA FERRUCCIO
    Grado ricoperto in tale unità partigiana: COMANDANTE TAR II°
    Durata di permanenza nelle formazioni partigiane
    (specificare le date) 16 settembre 1943 alla liberazione
    Zone in vui ha operato con tali unità
    ASIAGO-GHERTELE-POSINA-PASUBIO-MADEGHE-RAGA-CONCA MONTE DI MALO-MALO- MONTE PIANO-MONTE MEZZO-VICENZA

    LETTORE MENEGHELLO
    “C’era un uomo ancora giovane, che portava gli stivali neri, un curioso berretto di pelo, e due basette lustre, lunghe e folte. Aveva gli occhi vellutati e i tratti preziosi e lo splendore degli zingari. Studiavamo insieme questa o quella impresa, preparavamo i piani, ma quando si arrivava alla scelta degli esecutori, era sempre lui che alzava la mano e diceva:”Io”…..
    Il suo nome era già una leggenda: veniva da un ambiente familiare che aveva avuto e continuò ad avere tenaci, tempestosi rapporti con I carabinieri. La cosa anzichè allarmarmi mi esaltava: c’è una società da smontare, pensavo, e forse questa è la volta buona. Del resto c’era anche qualche ex carabiniere, tra i resistenti del mio paese; e faceva una curiosa impressione vederli vicini, l’uomo col berretto di pelo e i suoi nemici ereditari, affratellati in qualche ladrocinio patriottico. Anche gli ex carabinieri si comportavano esemplarmente: ma l’uomo col berretto di pelo splendeva.
    La sua successiva carriera fu brillante; era un leader naturale, e la guerra sulle nostre colline ha il suo nome; è un grande onore per noi studenti essere stati insieme con lui sul cominciare delle cose.
    La società non è stata smontata, però: dopo la guerra l’uomo col berretto di pelo tornò in prigione, e io dico che è una bella vergogna.” (Meneghello, Piccoli maestri p. 31-32)

    TAR
    “La mia vita da partigiano è iniziata praticamente a Pizzichettone alla ‘compagnia disciplina’ dove stavo scontando sei mesi dopo che a gorizia (dove ero arruolato nella fanteria a cavallo) ero stato condannato a sei mesi per antifascismo e disfattismo. Dopo l’8 settembre del ’43 fui liberato; decisi di tornare verso Malo. Vi arrivai il 17 settembre coprendo la distanza di 250 km sempre a piedi….Arrivato a malo mi recai subito a casa e mi incontrai con mio fratello ismene” (quello fatto prigioniero alle lambre e poi trucidato nella caserma celle di schio dai nazifascisti) Lui era “appena arrivato dall’isola di ventotene nella quale aveva scontato circa sette anni di confino per esser stato catturato in spagna militante nelle brigate internazionali contro Franco”.

    LETTORE ufficio segreteria mandamento di schio gruppo divisione Garemi
    “Manea Ismene (bruno) invalido di spagna in seguito a ferita da arma da fuoco e relativa perdita del polmone destro, alla venuta capitolazione del fascismo (25 luglio 1943) liberato dal confino di Ventotene giunto al suo paese continuò la sua lotta politica.
    Alla caduta del regime badogliano (8 settembre 1943) fu tra i primi ad organizzare i gruppi di Partigiani sul vicentino con i noti antifascisti Marchioro domenico, Marchioro carlo, Piva Igino, berna Antonio (garibaldino di spagna) rivestendo il grado di comandante di distaccamento della Brigata Apolloni catturato dai nazifascisti nel Luglio 1944 venne portato nella caserma Celle di Schio e seviziato barbaramente…..Alla sua memoria venne costituita la Brigata Ismene che il fratello Ferruccio (Tar) comandò valorosamente….

    TAR
    “Eccomi arrivato quà a malo dalla fuga da Pizzighettone allora mi sono dato a recuperare delle armi. Poi ci siamo trasferiti su a monte grande faedo”
    “ in una prima riunione però fatta quà a malo la abbiamo fatta alla fontanella-è qui ai piedi dopo dei primi sentieri per arrivare a santomio in fondo a malo dopo il ponte delle galline- tra i quali allora c’era il conte ghellini, c’era bruno masena, dellai, io, mio cognato e altri un certo miglioranza c’era anche meneghello, adesso che mi ricordo eravamo insomma 15-20 persone.
    Noialtri subito siamo stati subito, a casa nostra, sai, subito sono venuti in cerca di noialtri….voialtri che siete….sì, insomma tuo fratello confinato, che quà che là….venivano in cerca insomma dei nostri consigli, va ben; e anche perchè, dico, voialtri siete gente che sapete meglio di noi certe cose e alora…eravamo ricercati insomma… tra i quali siamo stati anche avvicinati anche da altri ufficiali diciamo monarchici, ma con quelli io non ho legato per il fatto che quà, ho detto, in nome del re e del popolo italiano mi hanno condannato, e va ben io se si tratta di battere i tedeschi lo faccio ben volentieri ma non sotto a certi ufficiali monarchici, della monarchia che è stata quella che purtroppo io mi ha perseguitato e me ne ha fatto di ogni colore…bah, ad ogni modo, non andavo d’accordo, io se c’e da battermi lo faccio, ma con altre formazioni, oppure farò io dei gruppi.
    Allora ci si stava organizzando “con questo meneghello…altri….il conte ghellini, e via eccetera, sai. e lì ci siamo dati questo appuntamento per dedicarci a recupare delle armi che erano in giro e cercare di fare insomma delle pattuglie….per fare insomma la resistenza contro, i tedeschi e I fascisti…..

    TAR
    “si c’era un certo meneghello, gigi meneghello lo scrittore gigi meneghello e altri studenti… fu lui a pensare alla beffa della ghirlanda e poi loro sapevano dove prendere un po’ d’armi.. e noi siamo andati a vicenza al di là del ponte degli angeli a destra giù di lì: là c’era come un ricovero, almeno a quel tempo e là ho caricato 5 o 6 armi.. e lì dicono: dopo venite su con queste armi, mettete sopra una ghirlanda e, dice, ben difficile vi fermeranno; ma ad ogni modo, io, perchè avevo, preoccupazione, ho detto qua se ci fermano per noi è finita: allora una machine pistola era messa sotto…era una delle prime che…appena sotto la ghirlanda, aveva su il caricatore e avrei fatto resistenza, insomma mi avrei difeso, va ben….”

    LETTORE MENEGHELLO
    “ Andava sempre lui, solo con altri, a piedi o in bicicletta, a ricuperare, a disarmare. Come un altro respira, per istinto profondo, lui disarmava, recuperava. Si riconosceva subito il tipo dell’eroe popolare, anche se per il momento era una gloria preliminare, notturna: sacco in spalla, carettino alla mano, furgoncino a pedali, esplosivi granulosi, baionette con la lebbra, qualche pistola.”

    TAR
    Così “veniamo via da vicenza e il mattino dopo è il 4 novembre no!, quando commemorano i caduti.
    Allora, nonostante quà c’erano, i tedeschi dapperttutto,- nel palazzo clementi era pieno di tedeschi, nel palazzo castellan era pieno di tedeschi, capito, alle scuole era pieno di tedeschi, va ben, e dopo c’era a isola, c’era un presidio anche là di tedeschi, capito… e dopo giù a coso, a costabissara c’erano tedeschi anche lì c’era uno squadrone di mezzi corazzati; e insomma a castegomberto c’erano tedeschi, a priabona avevano fatto anche là un piccolo presidio che dopo è stato attaccato dopo, sai, e da allora hanno sloggiato da lì; a san vito di leguzzano c’era la tagliamento e tutto via,, dopo fin giù alla costa e giù fino a vicenza ….insomma c’erano nientemeno che 13 presidi in questo,rettangolo, dove che dopo opererà la brigata Ismene, capito- la mattina quando è il 4 novembre, grande è stata la meraviglia che vanno su questi tedeschi e fascisti, puoi immaginarti, per deporre la corona d’alloro al monumento dei caduti. Puoi immaginarti quando che arrivano c’era questa ghirlanda che io avevo trasportato su da vicenza e che dopo nella notte era andata a finire lì, ma allora ecco che era… quando l’avevo portata su da vicenza non c’erano le parole: “ai caduti della guerra antitedesca” capito, e là con quel bel nastro sai: “ai caduti della guerra antitedesca”, Puoi immaginarti i tedeschi…sul monumento, era là quando sono arrivati….di notte sì. Allora i tedeschi tu vedi che i ciausca come fanno loro sempre a voce alta, sono andati su là, la tirano giù, staccano il nastro che c’era scritto “ai caduti della guera antitedesca” mettono la loro, ma là puoi immaginarti i carabinieri il giorno dopo indagano di qua e di là per vedere, da poter sapere chi erano i responsabili di questa cosa, va bene…

    Un’altra volta sempre tra settembre e ottobre del ’43 “avevano concentrato tutta la gente a Malo in piazza vecchia..ecco che lì tra me e questo cecchi osvaldo, è la prima volta che vedo questo individuo era sempre accompagnato da un cane lupo grande, sai, una bestia…e là fanno l’inno fascista, tutta la gente è là venivano fuori da messa e li hanno concentrati tutti lì la piazza è piena…comincia l’inno fascista e c’è un certo Sete da Monte di Malo un combattente della guerra del 15-18 che là non si leva il cappello…tutti si levano il cappello…e nemmeno io mi sono levato il cappello. Si avvicina un fascista e gli dà una sberla “giù il cappello” e allor questo sete gli risponde “ma cosa vuole che sapessi io di tirare giù il cappello, dice, se passa il tricolore che fa, dic,e l’inno di casa savoia allora so che bisogna mettersi sull’attenti ma no ste storie qua” e allora bam! Gliene da un’altra “io; dice sono stato in trincea” e infatti era stato combattente era stato anche ferito ma là insomma l’hanno riempito di botte “E tu perchè non ti levi il cappello?”- Era il comissario cecchi- e io non mi ero tolto il colbacco “Io, ho detto, non so certe regole” “Beh adesso le sai “ e allora me lo levò “Come ti chiami?” dice. “Manea”

    LETTURA DEL BANDO

    “…quando a malo venivano fuori questi manifesti, il bando, cosa succede, che lì dei fascisti quando è l’ora ultima, la messa grande, sai, la messa ultima quà a malo, bloccano tutte le strade, la gente che veniva fuori dalla chiesa, la concentrano lì alla “pesa’ in piazza vecchia, sai; c’è la piazza grande e dopo c’è la piazza vecchia a malo…e là tutte le vie sono chiuse e questi vengono fuori e bam!… e lì fa questo discorso sai, un pezzo grosso della milizia, tra i quali sul palco d’onore c’è questo Cecchi osvaldo dottor cecchi osvaldo…che anche quello dopo, sai, era il più accanito…fa insomma delle…”guai- dice- chi non si presenta, anche le famiglie di chi non si presenta verranno, dice, a pagare duramente. “insomma minacce…e allora “sappiamo dice chi è tornato che è a casa e purtroppo se hanno abbandonato i reparti dice la patria ha ancora bisogno dei suoi figli che qua che là… e dovete tornare assolutamente a militare, di nuovo, sotto la repubblica di salò….logicamente loro..se no’ passavi da disertore e ti condannavano. Comandavano loro appoggiati dai tedeschi……..il maresciallo dei carabinieri venne a casa mia per dirci di andare in caserma… e io dico a mio fratello “che andiamo che non andiamo, che facciamo a meno…e allora decidiamo, che niente, per adesso non andiamo…….

    “Siamo andati armati… ma…..a faedo a monte grande. Là la prima cosa… per sopperire insomma, …c’era mia moglie che ci faceva da mangiare e ci dedicavamo a macellare vitelli si andava a prenderli dalle famiglie si pagava e dopo si andava a venderli anche nella vallata dell’agno alla rinascente dove c’erano famiglie di operai e gli si dava questa carne a più buon prezzo che in macelleria e buona perchè intanto non pagavamo le tasse..si contrabbandava insomma per mantenersi.

    LETTORE
    “ Se voi giovani volete andare in pellegrinaggio nel luogo dove è nata la nostra Costituzione andate nelle montagne dove caddero I partigiani, nelle carceri dove furono imprigionati, nei lager dove furono sterminati.” (Piero Calamandrei)

    In quell’inverno “eravamo solo io e mio fratello e pochi altri; dopo noi ci siamo armati fino ai denti e avevamo due o tre inglesi assieme: io mio fratello e tre inglesi tra i quali due erano ufficiali che erano scappati dai campi di prigionia ed erano andati a finire lì. Abbiamo fatto l’inverno capito tutto l’inverno. Ci siamo mossi abbiamo cominciato a muoverci in marzo ..siamo andati a prendere i lanci. Il primo lancio che è arrivato sull’altopiano di asiago siamo andati a prenderlo io e mio fratello diocan diocan che vita, che vita! Cose da pazzi scarpe basse a svernare in montagna Perchè gli altri andavano a casa e stavano attenti sai. Quando veniva il rastrellamento allora vedevi che capitavano lì ma dopo passato il pericolo tornavano a casa quelli del posto. E noialtri dove vuoi che andassimo noi eravamo nelle caverne a 150 metri di quel ponte alto che c’è a roana io ero a 100 metri in linea retta tutte qua sul costone destro capito dal ponte guardando la val d’assa allora sinistra….e si…dopo “è venuto il primo lancio

    MENEGHELLO
    “Sulle colline sciamavano i partigiani di monte, che facevano capo a reparti più o meno regolari, coi loro quadri, un campo-base, una certa disciplina: l’unica diversità rispetto ai partigiani delle montagne alte era che questi reparti erano basati sul reclutamento locale, e tendevano ad operare sui propri paesi d’origine, con tutti i vantaggi della familiarità e della conoscenza diretta. Erano bande abbastanza numerose, ottimamente comandate da capi come il Tar, il Tigre, il Negro. (da piccoli maestri p.197)

    RAPIMENTO COMMISSARIO CECCHI LA CATTURA DEL CECCHI
    TAR
    Col nuovo arrivo al monte pian i miei distaccamenti si ingrossarono e potei apprendere anche che i nazifascisti avevano compiuto ogni sorta di sopprusi: saccheggi, incendi di case, violenze, uccisioni di innocenti. Figura di primo piano in questo flagello fu il commissario cecchi il quale aveva reinquadrato i fascsti maladensi al servizio dell’illegale repubblica di salò. Questo uomo era l’incubo degli stessi nazifascisti. Una delle più grandi infamie la commise in contrà munari presso…prima di arrivare a priabona.contro un mugnaio padre di un nugolo di figli
    Questo dottor cecchi proveniva dalla toscana e qua insomma era uno sfegatato …io lo avevo già conosciuto, individuo capace di qualsiasi barbarie, lui che mi aveva catturato e dalle cui mani ero riuscito a sfuggire…quello stesso cecchi che fece imprigionare mia madre a 62 anni mia sorella fedora una creatura di tenera età, la mia compagna alessi giustina che era in cinta di sette mesi,…
    -poi venne che il comitato di malo mi incaricò di prelevare il dottor cecchi…costui aveva in mano l’elenco di molti partigiani del comitato di malo della cesare battisti, giovani di malo santomio, isola vicentina, san vito, di leguzzano e doveva scendere a vicenza con la lista per chiedere il permesso di catturarli… -“
    Dopo infinite preghiere anche del comitato di schio accettai l’incarico.
    Cercare di catturare il comissario a casa era da scartarsi, sia di giorno che di notte c’erano sempre dei nazifascisti di servizio, anzi nella scuola elementare davanti al suo palazzo c’era il presidio di tedeschi….Decisi di agire d’astuzia.
    Mandai una pattuglia delle più veloci a prendere delle divise tedesche, di cui disponevamo con l’ordine di essere di ritorno in località roston entro la mezzanotte dovendo al mattino…sapendo che il cecchi doveva trasferirsi-questa notizia ce la diede un certo fanton il capo dei guardiafili qua a malo, faceva la guardia dei fili del telefono dei tedeschi, questo fanton, era un nostro collaboratore nome di battaglia ‘spada’-ci mandò a dire che il mattino il cecchi sarebbe andato a vicenza a chiedere carta bianca perché era entrato in possesso di tutti i nomi di quelli della cesare battisti e vuole radere al suolo il paese.
    Il cecchi doveva salire in corriera che era scortata dai fascisti. Ne partiva una al mattino a quei tempi, c’erano le strade bianche piene di buche, i collegamenti non erano come oggi, andò giù a vicenza a chiedere carta bianca perché vedendo in questi 300 nominativi appartenenti in gran parte al comune di malo e santomio san vito di leguzzano schio isola vicentina carta bianca per farla pagare drasticamente e sarebbe stato capace. Doveva partire al mattino e noi dovevamo catturarlo: dovevamo travestirci. Il cecchi doveva partire da casa sua per arrivare all’osteria al Damaro che distava circa 50 metri dalla sua casa. Delai Bruno partigiano comissario ispettore della battisti,-era un bravo ragazzo tutti della battisti erano bravi ragazzi salvo quelli del comitato che purtroppo erano dei generali che operavano molto male-, lui dellai bruno doveva seguire il cecchi quando usciva di casa poi doveva superarlo in via molinetto che ora è centro di santa maria del bocciodromo ma a quel tempo si chiamava via molinetto perchè in fondo alla strada c’era un mulino, doveva il dellai bruno fermarsi in mezzo alla strada e soffiarsi il naso e far cadere il fazzoletto, che voleva dire che quello che era dietro era il comissario cecchi così sarebbe intervenuti gli altri travestiti da tedeschi.
    IL cecchi percorreva a piedi tutta la strada che portava alla corriera che era abitata a destra e a sinistra doveva passare davanti alla parrochhia di malo per la piazza e nella piazza c’era la corriera. Nella piazza decisi di mettere una pattiglia, al di là della rana 5 uomini tra i quali c’ero anch’io le mitragliatrici che dovevano dare appoggio nel caso di uno scontro a fuoco, se ci avessero inseguiti.
    La cattura del cecchi si svolse così.
    Lui esce con la borsa dei nominativi che era riuscito ad avere di tutta la cesare battisti, non si scoprì mai ma qualcuno di loro faceva il doppio gioco. Doveva percorrere un tragitto dove c’era anche il palazzo del distaccamento dei tedeschi doveva quindi percorrere 500 metri circa. In questo percorso in mezzo c’era l’asilo infantile, c’era via mulinetto una trasversale lì c’era anche un palazzo di pozzan poi c’era una boaria. Lì nella boaria avevo messo i miei uomini quelli travestiti da tedeschi, con loro c’era un austriaco un certo josef che sapeva bene il tedesco e poteva servire nel caso i tedeschi passando ci chiedessero qualcosa. Dunque i partigiani travestiti da tedeschi erano dentro la boaria e tutta la gente che passava lì quel mattino la prendemmo per non creare voci e sospetti .
    Erano circa le 8.20 passa il cecchi con la borsa e vicino il nostro compagno si soffia il naso e fa cadere il fazzoletto. Allora josef il nostro partigano austriaco vestito da tedesco esce si mette davanti al cecchi e gli chiede in tedesco i documenti. I tedeschi non lontani assistevano alla scena e anche il figlio e la figlia del cecchi. Il cecchi cercò di mettere le mani nella saccoccia ma un garibaldino il tripoli vedendo ciò dà un calcio al cecchi. I tedeschi non avevano ancora sospettato di nulla. Obbligammo il cecchi a seguirci per via molinetto. Nel frattempo i tedeschi non vedendo che il cecchi prendere la corriera si insospettirono e dettero l’allarme. Noi avevamo due minuti di vantaggio per cui via giù per via moletto attraversiamo il palù dove c’è la pista attuale del parco giochi, il palù era una pista dove facevano correre i cavalli dei marchioro e da lì verso il torrente livergon. Il cecchi cercava in tutti i modi di ritardare la nostra corsa, ma di peso lo gettammo nel torrente e lo tirammo fino alla parte opposta e dal bosco val paraiso su per il monte a 200 metri c’è il monte.

    TAR
    “Le pattuglie erano volanti perché più le pattuglie sono leggere più strada fai. Col tempo dopo si è usato l’ingegno e ho constatato che più leggera era la pattiuglia sia per dargli da mangiare sia perché quando si attraversava una strada anche sai…sono dieci uomini: due subito bisogna che passino di là, che prendano posizione, uno guarda a nord e l’altro guarda a sud di questa strada da dove può costituire oppure venire pericolo: dopo quando danno il via libera, passano altri due, altri due, altri due, hai capito. Più sono numerose le formazioni più ci metti perché ogni strada che attraversi ci metti più tempo. Se tu hai pattuglie volanti al massimo 5 uomini è un attimo: uno salta di là, della strada e subito un altro e da il via agli altri tre e dopo ti butti nel bosco dove sei al sicuro. CASSETTA 8 LATO A

    “E’ d’uopo ricorrere ad un altro modello di guerra. E’ d’uopo trarlo per così dire dalle viscere della nazione, dalle condizioni d’un popolo insorto, dagli elementi topografici della contrada, da’ mezzi che le circostanze ci somministrano….la guerra per bande…una guerra che invece esigere educazione, scienza, materiali di campo, e sommessione di schiavo, non richiedeva che ardire, vigoria di braccio e di membra, conoscenza dei luoghi,astuzia e prontezza”. CITAZIONE DI MAZZINI da Meneghello Piccoli maestri p 42

    LETTORE
    Schio 29/8/1985
    Onorevole MINISTERO DELLA DIFESA
    Oggetto: accompagnatoria di proposta di ricompensa al V.M. per Ferruccio Manea, nato a Malo il 30-8-1914 ed ivi residente in via Molinetta, 10-pensionato.

    Quale superiore diretto di Ferruccio Manea “Tar” durante la guerra di liberazione naezionale, ripropongo il medesimo per una ricompensa al V.M. come da allegata motivazione. La proposta avanzata dal mio comando del 1945 ed iunoltrata tramite il comando Regionale triveneto nel 1945-1946 è stata immeritatamente archiviata. Ritengo mio dovere ripresentarne un’altra perchè I fatti del valore meritano una considerazione oggettiva a prescindere da ogni altra diversa considerazione.
    L’episodio per cui viene chiesta la ricompensa si inquadrta tra altri episodi di cui il Ferruccio manea è stato protagonista e partecipe.
    Infatti:
    1- Già nel dicembre del 1943 assieme al fratello Manea Ismene, ebbe un violento scontro nel mentre conduceva a salvezza tre prigionieri inglesi che egli aveva ospitato nella propria casa. La casa di Manea Ferruccio fu saccheggiata, imprigionati I familiari e torturata la madre di 62 anni.
    2- Nella primavera del ’44 al comando di una delle prime pattuiglie partigiane, assalì e conquistò: in località Campiemllo, il trenino della linea Schio-Asiago, disarmando loa scorta e recuperando armi e munizioni.
    3- Divenuto nel frattempo comandante di distaccamento, ai primi di giugno del 1944 in località Catrenta di Schio, con il proprio reparto e mediante un attacco a sorpresa, riuscì a liberare 35 giovani renietenti che truppe nemiche avevano rastrellato per portare in Germania.
    4- Alla fine di giugno del 1944 con un pugno di uomini travestiti da tedeschi, in pieno giorno e nel centro urbano di Malo presidiato da tedeschi e fascisti, riuscì a catturare un importante personaggio della guardia nazionale republichina che era in possesso di un elenco di 300 nominativi di appartenenti alle formazioni partigiane territoriali. Con la cattura del personaggio, il Manea Ferruccio recuperò anche l’elenco che doveva essere consegnato al comando tedesco che, come la storia insegna, avrebbe effettuato una feroce repressione. Con tale azione il Ferruccio Manea risparmiò al paese, isola vicentina, san vito, schio, costabissara ecc.. lutti gravissimi.
    5- Nel luglio del 1944 ferruccio manea perse in una imboscata il proprio fratello isdmene manea. Questi ferito e catturato subì torture feroci quali la fiamma sulla carne e lo schiacciamento della testa: ma non parlò. Gettato ad agonizzare su un letamaio fu poi fucilato. Il manea Ismene ebbe la medaglia d’argento al valor militare alla memoria, pur essendo stato proposto per l’oro.
    6- Nel primo mattino del 1°agosto del 1944 salito al monte pasubio sul quale era in corso una impari battaglia tra un distaccamento partigiano ed un migliaio di SS e di ucraini, con una piccola squadra attaccò il nermico alle spalle nonostante il fortissimo fuoco avversario nell’intento di alleviare la pressione sugli altri compagni d’arme. Il ferruccio Manea affrettò la fuga dei nemici che avevano iniziato a ritirarsi bersagmliandoli con cartucce maggiorate dopo di che si ritirò a sua volta.
    7- All’inizio di novembre in località “onare” nei pressi del valico di Priabona (Monte di Malo) fu attaccata la testa di una colonna militare tedesca con l’uccisione repentina di un generale e tre colonnelli.
    8- Nel novembre del 1944 alcvuni uomini di ferruccio manea, che nel frattempo era diventato comandante di battaglione, uccisero in unha imbosxta a priabona il comandante della polizia fascista della provincia di vicenza certo capitano Polga e catturarono I feriti della sua scorta. Il manea fece trasportare I nemici feriti presso l’ospedale di Montecchio Maggiore nonostante la presenza in vicinanza dell’ospedale della X mas e del ministero della marina della R.S.I. fortemente presidiato. Il Manea Ferruccio recuperò inoltre una lista di nomi in possesso del capitano Polga in cui erano, inclusi I membri del C.L.N. di vicenza, schio e di malo che vennero tempestivamente avvertiti.
    9- L’inverno del ’44-’45 particolarmente freddo e nevoso, impose gravissimi sacrifici ai partigiani ed una certa pausa nelle azioni pur continuando gli scontri. Il Ferruccio Manea seppe tenere unito ed efficiente il proprio battaglione: primo nel rischio, ultimo nel cibo e nel riposo.
    10- Poi alla fine di marzo e nell’aprile del ’45, la ripresa di azioni numerosissime in cui si inquadra l’episodio per cui è proposta la decorazione al valor militare, azioni sviluppatesi lungo l’arco di colline che da Priabon a si dispiega fino alle parti di Vicenza ove il 28 aprile un distaccamento del battaglione di Ferruccio Manea entrò per primo alla testa delle avanguardie alleate dopo un cruento combattimento avvenuto il 27 per la conquista del centro radio tedesco di Monte crocetta nel corso del quale caddero 7 partigiani.
    Confido perciò in un benevolo accoglimento avv. Valerio Caroti
    Ex comandante divisione “val Leogra”
    Gruppo Garemi

    “IL SINDACO DICHIARA CHE LA SIGNORA GALVAN VEDOVA MANEA DI ANNI 65 RESIDENTE IN QUESTO COMUNE APPARTIENE AD UNA FAMIGLIA CHE E’ STATA ENORMEMENTE PERSEGUITATA DAI NAZIFASCISTI; La stessa PER RAGIONI POLITICHE FU IMPRIGIONATA DUE VOLTE LA PRIMA IL 5 FEBBRAIO… LA SECONDA DAL 2 FEBBRAIO ALL 8 LUGLIO. POI L FIGLIA FEDORA DI ANNI 25 FU IMPRGIONATA CON UNA TENERA CREATUTA DAL 20 GIUGNO AL 20 LUGLIO DEL 3 44.
    IL FIGLIO ISMENE DELLA CLASSE 1908 FU CONFINATO POLITICO PER 5 ANNI E QUINDI IL 12 LUGLIO DEL 344 FU BARBARAMENTE TRUCIDATO DAI NAZIFASCISTI A SCHIO. IL FIGLIO FERRUCCIO DELLA CLASSE 1914 E STATO UN VALORORSISSMO PATRIOTTA COMANDANTE DI UN BATTAGLIONE DELLA BRIGATA GARIBALDINA GAREMI, HA COMBATTUTO EROICAùMENTE CONTRO I NAZIFASCISTI HA SUBITO PERSECUZIONI DI TUTTI I GENERI.
    IL FIGLIO ANTONIO CLASSE 19.. ECC… DICHIARA INOLTRE CHE E ALLA FINE DI GIUGNO ’44 AD OIPERA DEI NAZIFASCSITI SONO STATI PORTATI VIA ALLA SIGNORA GANVAN TUTTE LE MASSERIZIE, VESTIARIO BIANCHERIA ECC. DALLA SUA CASA SITUATA IN QUESTO COMUNE IN VIA LUPO 1 LASCIANDO LEI E I SUOI FAMILIARI ASSOLUTAMENTE RPIVI DI TUTTO; SI RILASCIA LA SEGUENTE…ASSISTENZA.
    MALO 28 OTTOBRE 1946
    PER IL SInDACO FIRMATO CENSORI FILIPPO.

    Dal Certificato del generale alexander di ringraziamento al tar per aver salvato dei soldati alleati.

    “This certificate is awarded to
    MANEA FERRUCCIO FU GIUSEPPE
    As a token of gratitude for and appreciation of the help given to the Sailors, Soldiers and Airmen of the Britihish Commonwealth of Nations, which enabled them to escape from, or evade capture by the enemy” H.R. Alexander Field-Marshal, supreme allied commander, Mediterranean theatre

    “Questo certificato è rilasciato a MANEA FERRUCCIO FU GIUSEPPE quale attestato di GRATITUDINE E RICONOSCIMENTO PER L’AIUTO DATO AI MEMBRI DELLE FORZE ARMATE ALLEATE MESSI IN GRADO DI EVADERE ED EVITARE DI ESSERE CATTURATI DAL NEMICO
    IL MARESCIALLO BRITANNICO COMANDANTE SUPREMO DELLE FORZE ARMATE ALLEATE dEL MeDITERRANEO ne ho anche una del console britannico..altre quattro che dopo… ma va in figa, diocan … mi sono anche pentito di averne salvati…diocan c’era la penicellina…Mio figlio è morto, dio porco, e loro la spacciavano al mercato nero diocan…

    IL RITORNO A CASA PER IL FIGLIO APPENA NATO
    “…partii da raga con tutti gli uomini e mi portai a monte piano dove incaricai una staffetta di scendere a malo per avere notizie della mia compagna alessi giustina. Nel frattempo avevo schierato gli uomini in posizioni atte a potersi difendere in caso di attacco. Improvvisamente udii un vociare e nel fondo del tornante della strada vidi un uomo che correva verso di noi: era la nostra staffetta subito di ritorno che con voce spezzata dall’emozione mi disse “tar hai avuto un bambino tutto è andato bene”. Questa notizia da me tanto attesa mi procurò un nodo alla gola e quasi piangevo dalla contentezza. Mi ripresi subito e diedi l’ordine al vicecomandante chiodi di andare a prendere una damigiana di vino bianco affinchè fosse distribuito agli uomini per festeggiare il lieto evento. Decisi di scendere a malo da monte piano che ero in contrà maccari in quanto avevo un grande desiderio di vedere il mio bambino e alessi giustina. Chiodi mi prospettò il rischio che correvo essendo il paese di malo pullulante di nazifascisti non volli ascoltarlo e mi avviai. Frattanto giunse mio fratello Ismene con altri uomini e anche lui mi consigliò di non intraprendere il viaggio in quanto se i nazifascisti avessero appreso la notizia dell’evento avrebbero sorvegliato la casa ed atteso con molta probalità il mio arrivo. Ma non lo ascoltai nemmeno lui, e dopo essermi truccato e armato scesi in pianura…mi sono vestito da donna.. e ho attraversato il torrente del livergon tra i quali come avanscoperta c’era aquila nera, manea un altro manea nome di battaglia aquila nera. Davanti lui, perchè lui conosceva anche gli orti..la strada più breve e difatti siamo venuti a finire nella contrada lì, dalla Luca la chiamano, e allora lui mi ha fatto segno e lì in questo tratto, appena passato la forneria di mario qua, mario il fornaio, che la chiamavano contrà clementi perchè da una parte c’è il palazzo di clementi e dall’altra invece c’è il fornaio. E lì ho incontrato una certa amelia pamato amelia la quale nonostante che mi avevo truccato da donna si è avvicinata e dice sottovoce “ciao ferruccio” allora ho pensato qua il mio travestimento questa volta non è riuscito. E non ho visto l’ora sai di arrivare a casa, dove c’era il neonato, capito. Sono andata su, sono andato a vederlo, e dopo.. tac! Due minuti… Attraversai il torrente livergon e entrai in casa della signora baio rosalia ecco la ‘cucca’ la chiamavano facendomi riconoscere. Da qui mi rimanevano ancora 300 metri per arrivare a casa della mia compagna poca strada si, ma la più pericolosa anche perchè erano le nove del mattino. Mi faceva da battistrada manea zeffirino con il compito di segnalarmi la presenza di pattuglie nemiche o qualche posto di blocco. Al segnale di via partii come un razzo e approfittai anche perchè lì c’è la tenuta..il brolo del clementi…di saltar dentro dalla mura del clementi e in fondo a questo brolo che ci sono parecchi campi c’era abitava insomma mia moglie. Nel tragitto dei 300 metri incontrai solo poche persone; arrivato ai sottoportico appoggiai la bici al pilastro e infilai la porta: mia suocera mi riconobbe restando paralizzata dalla paura in un primo momento. Quando poté parlare mi disse: “ferruccio scappa va via subito c’è troppa calma e ho paura, da un momento all’altro capitano. Va via subito”. Anche alessi giustina la mia compagna mi pregò di andarmene ma volli vedere prima la creatura dopo tanto rischio, lo baciai e con esso la mamma. Felice imboccai la rampa della scala mi sorprese la voce di rino ‘via no attendere tempo adesso” in un baleno fui al torrente mentre all’altra sponsa ero atteso dagli uomini del mio reparto.”

    ALESSIA GIUSTINA moglie del tar
    “La mia memoria mi riporta a cinquant’anni fa, all’indomani del 29 aprile 1945, quando, nel pieno della felicità generale per la liberazione dall’oppressione nazifascista, io e mio marito ci trovavamo senza casa e masserizie per il saccheggio subito da parte dei nazifascisti.
    Alla privazione di tutto si aggiunse il destino crudele che ci colpì, con la morte, ai primi di maggio, del nostro primo e allora unico figlio, l’unica ‘ricchezza’ che ci rimaneva. Questa creatura ci fu tolta quando mancavano quindici giuorni al suo primo complenanno e la sua perdita ci lasciò nella più profonda disperazione e ci portò a dubitare dell’esistenza del dio che dicono buono e misericordioso. Quel giorno io lo implorai e udii mio marito Ferruccio manea, preso dallo sconforto dire: “Dio di misericordia salva il mio bambino: prendi piuttosto la mia vita ma salvalo e io perdonerò in ginoccchio tutti I miei nemici per tutto ciò che mi hanno fatto ingiustamente…”
    Purtroppo solo la somminastrazione di penicillina, venduta allora al mercato nero avrebbe potuto strapparlo alla morte…ma noi non disponevamo di tanto denaro. E pensare che appena una decina di giorni prima mio marito, che aveva nomea di “ladro di galline”, alla testa di un reparto della Birgata da lui comandata aveva ritrovato a Longa di Schiavon ciò che molti cercavano in quelle ore: il tesoro della sinagoga di Firenze trafugato dai nazisti in ritirata. Si trattava di una quarantina di casse ricolkme di opere d’arte di inestimabile valore, che mio marito avrebbe potuto dichiarare “preda bellica” ma che preferì invece restituire immeditamente alla comunità ebraica”.

    TAR
    …ah la liberazione: fu un giorno tremendo.
    Non potendo comprare la penicellina mio figlio l’ho visto morire mentre chi aveva il denaro quelli hanno sopravvissuto, mentre mio figlio è venuto a morire, il mio primo figlio, che aveva già sofferto scappando qua e là. Mai potrò perdonare questa infame società…io, ero pieno di miseria tanto, è vero che quando è morto mio figlio alla liberazione non avevo neanche diocan quelle 20 mila lire da prendere la penicellina che veniva venduta al mercato nero, così chi che gavea denaro, i figli dei ricchi oppure anche i vecchi che oramai avevano fatto una esistenza, avevano la possibilità di prendere la peniccellina e hanno protratto, la loro vita ancora per altri mesi o qualche anno, mio figlio invece che era nel fiore della vita perchè non avevo una manciata di vile denaro da comprare questa penicellina, mi è morto proprio alla liberazione, subito dopo la liberazione quando tutti inneggiavano alla libertà ed erano tutti felici,
    alla vittoria insomma, io purtroppo ho conosciuto una delle più grandi amarezze, per non avere questo denaro per comprare la penicellina. Così voglio dire che non perdonerò mai a questa società diocan ”

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