Per le esibizioni bollenti
delle ballerine che si accoppiavano freneticamente nei privè con gli
assidui parà americani al “circolo culturale” Bunny Ranch, definito
nell’ordinanza di custodia firmata dal gip Pesenti con la quale ha
mandato in carcere i due gestori Federico e Alessandro Caicchiolo, e il
direttore di sala Antonio Trovatelli, «una vera e propria casa di
tolleranza», è stato il giorno degli interrogatori. Raggiunti giovedì
notte dall’ordinanza per lo sfruttamento della prostituzione, ieri
mattina assistiti dagli avvocati Lino Roetta, Giambattista Rando e
Gianluca Alifuoco, il terzetto è comparso nella sala di registrazione
del carcere per gli interrogatori di garanzia.
Mentre i due
Caicchiolo, rispettivamente di 47 e 28 anni, titolari del locale, hanno
detto che non sapevano che certe ragazze si prendevano certe licenze
(ma è credibile?) avendo rapporti sessuali completi a fronte di un
adeguato gettone (fino a 200 euro), Trovatelli ha detto che lui faceva
il direttore di sala per tre sere la settimana a 100 euro la volta e,
pertanto, il suo ingaggio non era commisurato all’aumento degli
incontri particolari.
Il gip Pesenti ha preso atto ed ha girato
per il parere ieri pomeriggio al pm Claudia Dal Martello le richieste
avanzate dai legali, che chiedono quanto meno gli arresti domiciliari.
Il motivo? Qualche ammissione i tre arrestati le hanno fatte e, del
resto, il lavoro investigativo dei carabinieri del tenente Ghinelli e
del luogotenente Ferrante pare esente da pecche. Infatti, i carabinieri
in ben tre privè (su dieci) hanno sistemato le microtelecamere che
hanno immortalato e registrato sospiri, amplessi e quant’altro per
dimostrare in quantità industriali che il sesso vero era di casa al
Bunny Ranch.
Tra l’altro, circostanza piuttosto singolare è emerso
nelle indagini che i due Caicchiolo avevano come socio di minoranza il
sergente medico Usa Reinaldo Ortiz Guttierez, il quale cofondò
l’Extasia (come si chiamava prima il Bunny ranch) con la somma di 20
mila euro affidati a Federico Caicchiolo. da quello che si è appreso il
sergente statunitense non è indagato nella vicenda perché non avrebbe
avuto alcun ruolo nell’attività vera e propria del locale, dove almeno
6 ragazze si sarebbero prostituite con una certa regolarità, facendo
lievitare gli incassi e riscuotendo parecchio successo tra i soldati
americani che reduci dalle fatiche in Afghanistan e Iraq si
rasserenevano gustando le bombe sessuali che venivano fornite da
disinibite brasiliane e ragazze dell’est pronte a ogni tipo di
diversivo per raggiungere gli obiettivi di incasso.
Toccherà al pm
Dal Martello rispondere al gip, quindi ci saranno le decisioni. certo
è, che alla luce dell’inchiesta i margini di manovra degli indagati
sono assai ristretti.
(nella foto: un marine americano beccato dalle telecamere appostate dalla questura mentre si rasserena al Bunny Ranch)