Bortolo Menego e Aziz

(Dal nostro inviato Lapio Elgatt). Sino all'alta collina giungono le non manzoniane grida degli strilloni: "boccale, boccale!" annunciano. E dall'osteria avita alzasi Bortolo, alzasi Menego, alzasi Aziz (che si era fermato a prendere un caffè dopo il lavoro, seduto ad un solitario tavolino) per correr dietro al giornale, sì il goto piace. Ingannati dal nome del periodico, vilipesi nella loro identità di alcolisti affatto anonimi – anzi notissimi -, persino i nostri anziani leghisti dabar (dello sport o della chiesa) si avvicinano per la prima volta – dopo le bacchettate della maestra Luisina – al cartaceo mezzo d'informazione, credendolo un bicchiere di pessimo vin grinto. L'ingoiano essi,come fosse quel nettare rosso che più del talamo ha riscaldato le loro serate invernali. Nun chre mezuszen, esclamano, bisogna bévare porcodd… Nepioi, stolti. Non sanno essi ciò che la Moira ha preparato perloro. Al trangugiar ancora ignari il contenuto di quel Boccale, il loro ragionare si fa più acuto, il loro parlare meno insensato. Abbracciano Aziz e lo invitano al tavolo: siam tutti fratelli, dicono; pace, gridano sicuri; un altro mondo è possibile, argomentano; ci siamo ravveduti, sostengono. Dal salone addirittura s'ode: Berlusconi è un antipaticone, Bossi omo sanza lode. Su torniamo tutti indietro, tutti insieme a votar… Di Pietro!